La trasformazione del lavoro connessa all’innovazione tecnologica. È necessario un sistema di adeguamento continuo delle competenze
La trasformazione digitale si caratterizza attraverso l’integrazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Ict) nell’attività umana. In questa prospettiva, l’operatività di famiglie, imprese, pubbliche amministrazioni e altre organizzazioni tende a svolgersi, in ampia misura, con l’ausilio delle Ict – e dunque anche di internet, prodotto emblematico di tali tecnologie – richiedendo pertanto abilità che consistono nel loro impiego per la creazione di contenuti e la loro condivisione, per la gestione dei processi aziendali e delle loro connessioni con quelli esterni (ad esempio, con i processi delle aziende fornitrici), per tutte le attività intermediate dalle piattaforme.
Sappiamo come la capacità delle Ict di incidere sia sulle modalità di esecuzione delle mansioni sia sugli aspetti dimensionali del lavoro abbia determinato un dualismo in cui si contrappongono la visione che esalta vantaggi e progressi in ogni campo, compreso il mercato del lavoro con la nascita di nuove professionalità e competenze, dinamismo dei flussi occupazionali in particolare nei settori economici emergenti, efficienza e rendimento delle prestazioni lavorative (produttività del lavoro) e, al contrario, l’opinione preoccupata che sottolinea l’effetto disruptive destinato ad abbattersi, in particolare, sulla forza lavoro con l’avvicendamento tra persone e macchine (1).
Peraltro, va osservato come la questione dell’impatto dimensionale sul mercato del lavoro prodotto dalle Ict non possa che incentivare il perseguimento degli obiettivi di adeguamento delle competenze ai profili digital che tali tecnologie richiedono; a tal riguardo, vale sottolineare che il divario esistente rappresenta un indicatore dell’obsolescenza delle skill che misura un aspetto rilevante della fase di trasformazione digitale in cui si trova un paese. La necessità di affrontare per tempo i fenomeni di disallineamento e di carenza di skill digitali – che nei prossimi anni potrebbero investire i mercati del lavoro sia dei Paesi avanzati sia delle economie emergenti – è stata sottolineata nel 2019 dal forum dei 20 paesi più industrializzati (G20), nell’ambito della Task Force 7: The Future of Work and Education for the Digital Age (2).
In questa prospettiva, le politiche volte alla riduzione del predetto divario dovrebbero prevedere sistemi di collaborazione tra soggetti pubblici e privati in relazione ai ruoli svolti – aziende, università, istituti scolastici, servizi di orientamento, sindacati – per favorire la conoscenza, sul lato dell’offerta di lavoro, delle dinamiche di mercato (innovazioni di prodotto e di processo e nuove competenze) legate alla trasformazione digitale e supportare la domanda di lavoro (i datori di lavoro) nella riorganizzazione dei processi in chiave digitale e nella ricerca delle skill più adeguate. Tali sistemi collaborativi possono essere opportunamente attuati attraverso logiche di networking che consentono alle organizzazioni di adattarsi e sopravvivere ai meccanismi di selezione.
Prof. Giovanni Crea, direttore scientifico del CReFIS
1- In tal senso, P. Tullini, Economia digitale e lavoro non-standard, in LLI, vol. 2, n. 2, 2016, 5.
2 – Cfr. A.C. Lyons, A. Zucchetti, J. Kass-Hanna, C. Cobo, Bridging the Gap Between Digital Skills and Employability for Vulnerable Populations, G20, 2019, Japan, March 25, https://bit.ly/3gZLiGa