fbpx
Napoli e Omignano-Scalo
+39 081 19750217
commerciale@selefor.it

Caro vita, lavoro e povertà

di Giuliana Cristiano

Le politiche attive del lavoro sono tutte quelle iniziative introdotte dalle Istituzioni, nazionali e locali, per promuovere l’occupazione e l’inserimento lavorativo. I servizi proposti da queste politiche possono essere erogati in primis dai centri per l’impiego, ma anche da Agenzie per il lavoro, scuole e università, nonché dai comuni e dalle associazioni di dipendenti e datori di lavoro[1].

Tra le misure più conosciute vi sono senza dubbio il programma “Garanzia Giovani” e il “reddito di cittadinanza”.

Ma andiamo a vedere più del dettaglio come reagiscono gli Italiani a queste politiche attive.

“Garanzia giovani” è un programma che si rivolge alle imprese e ai datori di lavoro che vogliono inserire nel proprio organico risorse giovani e formate, e al contempo, beneficiare delle agevolazioni previste dal programma stesso che consistono in bonus per le nuove assunzioni (tirocini, apprendistati o passaggi da tirocinio a contratto di lavoro). Inoltre, sono anche previsti degli strumenti per agevolare l’autoimprenditorialità dei giovani che vogliono mettersi in proprio[2].

Anpal rispetto all’adesione a “Garanzia Giovani” riporta dei dati molto interessanti, infatti, al 31 luglio 2022 i Neet (Not (engaged) in Education, Employment or Training, ovvero coloro che non studiano e non lavorano) registrati al programma erano 1.681.329, con un incremento di 7.281 unità rispetto a giugno. I servizi per l’impiego hanno preso in carico più dell’85% dei registrati e di questi quasi l’80% è costituito da giovani con elevate difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro.

Al termine del percorso quasi il 68% degli iscritti ha trovato occupazione e molti di questi a tempo indeterminato. C’è però da precisare che il divario Nord e Sud Italia si percepisce anche in queste stime con lo svantaggio del meridione[3].

In ogni caso, al di là delle disparità territoriali, emerge chiaro il fatto che i giovani italiani oggi sono motivati a trovare una soluzione alla loro condizione di precarietà, lavorando su sé stessi, formandosi e creandosi un’alternativa valida alla disoccupazione e alla povertà.

Discorso diverso invece deve essere fatto per un altro strumento: il tanto discusso e dibattuto “reddito di cittadinanza”.

Questo è una misura di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale, che è stata introdotta nel marzo 2019 e che si esplica in un sostegno economico che si integra al reddito familiare. Questa misura oltra a prevedere un sussidio per un lasso di tempo determinato, prevede anche un percorso di reinserimento lavorativo e sociale siglato da un patto di lavoro o un patto di inclusione sociale[4].

Ogni regione italiana, dunque, si è mossa per favorire l’utilizzo di questo strumento, confidando nella sua utilità e in una effettiva possibilità di riqualificazione di quei nuclei familiari più svantaggiati e in difficoltà.

Oggi però, a quasi tre anni dall’introduzione del RDC, nonostante siano molte le persone che hanno richiesto e beneficiato di questo strumento, nono sono altrettanto numerose coloro che hanno concluso il percorso di reinserimento lavorativo. Il quadro infatti è abbastanza allarmante al nord come al sud Italia.

  • In Campania, per esempio, negli ultimi 18 mesi gli imprenditori campani hanno caricato sull’apposita piattaforma MyAnpal 9945 offerte di lavoro, ma le assunzioni di chi percepisce il reddito di cittadinanza sono pari a zero. Nel settore dei servizi dove vi sono più vacancies aperte, non è stata registrata alcuna assunzione, nel settore dell’edilizia invece, su 1716 offerte, vi sono state solo 74 assunzioni[5].

Questo a dimostrare che nonostante vi siano possibilità di lavorare e nonostante i Centri per l’impiego si mobilitino per la ricerca di personale, i beneficiari di questa misura non fanno altrettanto; probabilmente perché non vi sono dei veri e propri controlli nel processo, né sono previste sanzioni per coloro che rifiutano le offerte di lavoro proposte. Si specifica infatti, che i beneficiari del reddito, devono sottoscrivere un patto di lavoro con i centri per l’impiego, ma fino ad oggi, come detto, le prese in carico sono state veramente poche. In Campania nello specifico si sta provvedendo alla cancellazione dall’elenco dei beneficiari le persone con non rispettano il patto, ma la situazione è analoga anche in altre regioni d’Italia[6].

  • La Lombardia, per esempio, ha un quadro simile; infatti, nel 2021 a Milano, su più di 10.000 beneficiari convocati per un primo incontro e la presa in carico dai centri per l’impiego, solo circa 3600 si sono presentati, la restante parte ha completamente disertato o si è resa irreperibile tanto da spingere i suddetti centri a consegnare la convocazione tramite raccomandata. Nel 2022 la situazione è anche peggiorata tanto che i beneficiari in carico sono addirittura dimezzati[7].

Senza dubbio sono ancora molte le misure da poter introdurre e tanto deve essere fatto sia da parte delle istituzioni sia da parte delle imprese e dei lavoratori, ma iniziare a sfruttare ciò che già si ha, potrebbe essere un primo passo verso una, almeno parziale, risoluzione della disoccupazione e della povertà, in un periodo storico in cui le crisi sembrano non voler smettere di susseguirsi.


[1]https://www.lavoro.gov.it/temi-epriorita/occupazione/Pagine/orientamento.aspx#:~:text=Le%20politiche%20attive%20del%20lavoro,occupazione%20e%20l’inserimento%20lavorativo.

[2] https://garanziagiovani.anpal.gov.it/cose-azienda

[3] https://www.anpal.gov.it/documents/552016/821517/S1_Nota+mensile+n7_luglio.pdf/3ff14e73-add0-8b66-a785-6df46eae7523?t=1665730071878

[4] https://www.redditodicittadinanza.gov.it/schede/dettaglio

[5] Iuliano, V., (2022) “Reddito di cittadinanza, in Campania 9.945 lavori ​ma nessuno li accetta”, Il mattino, online. https://www.ilmattino.it/napoli/politica/campania_reddito_di_cittadinanza_offerte_di_lavoro-6751242.html?refresh_ce

[6] Ibidem

[7] Gianni, A. (2022), “Reddito di cittadinanza, fuga dal Centro per l’impiego. Il 60% dei convocati non ci va”, Il giorno, online. https://www.ilgiorno.it/milano/cronaca/centro-impiego-fuga-reddito-cittadinanza-1.8160428 

 

Per contenuti come questo e su tanti altri temi, Iscriviti alla nostra Newsletter!! 

Giuliana Cristiano 

Tirocinante psicologa presso Selefor srl 

 

 

RIFLESSIONI SULLA NATURA DI ESSENTIAL FACILITIES DEI DATI PERSONALI

A cura di Giovanni Crea

L’esperienza dell’offerta di servizi attraverso internet (comprese le app) ha messo in luce come il loro consumo venga inevitabilmente codificato in dati (es., google maps) e come tali dati siano oggetto di trattamenti effettuati per finalità sia ‘tecniche’ – legate, cioè, alla fornitura e fruizione del servizio – sia di interesse economico del titolare del trattamento.

Con riguardo a quest’ultimo profilo, la disponibilità di grandi masse di dati (big data) rende possibile costruire profili degli utenti-interessati su cui ritagliare i propri servizi ovvero – spostandoci sul versante della raccolta pubblicitaria – per vendere spazi pubblicitari agli inserzionisti consentendo a questi di proporre a livello individuale i loro prodotti e servizi.

I mercati dei servizi internet, dunque, sono data intensive, e le posizioni dominanti che in essi si formano trovano nei dati personali una lèva essenziale [1] la cui replicabilità non è scontata in quanto riguardano i clienti dei provider e che gli stessi provider tendono a non diffondere per ragioni di vantaggio competitivo [2].

Questa prospettiva apre all’ipotesi della natura di essential facilities dei dati personali raccolti nei mercati di internet; profilo che, secondo la dottrina antitrust, è un elemento qualificante della posizione dominante, e la cui inibizione a potenziali concorrenti, da parte dei titolari, prefigura un abuso di tale posizione vietato dall’art. 102 TFUE.

Nel caso Google-Hoda [3], in cui ricorre l’ipotesi di ostacoli, da parte del motore di ricerca, alla portabilità dei dati – e dunque, in definitiva, all’accesso/trasferimento a favore di Hoda – l’Agcm sottolinea la valenza pro-concorrenziale di tale istituto, lasciando intendere come tali dati possano essere inquadrati nella categoria delle “risorse essenziali”.

Se i dati personali, descrittivi delle abitudini di consumo di beni e servizi forniti da un’impresa, fossero facilmente replicabili, la violazione dell’art. 20 del GDPR rileverebbe per il solo profilo di mancato esercizio di un diritto degli interessati e non anche per gli aspetti antitrust.

 


[1] Cfr. Agcm, Provvedimento n. 28051, Big Data, in Boll., n. 9/2020, 13 ss.

[2] Cfr. Agcm, Provvedimento n. 19140, Sfruttamento di informazioni commerciali privilegiate, in Boll., n. 47/2008, 5 ss.

[3] Cfr. Agcm, Provvedimento n. 30215, Google-ostacoli alla portabilità dei dati, in Boll., n. 27/2022, 83 ss.

 

Per contenuti come questo e su tanti altri temi, Iscriviti alla nostra Newsletter!!

Giovanni Crea

Direttore del Centro di Ricerca e Formazione Integrata Selefor, responsabile scientifico e Presidente del Comitato Tecnico-Scientifico con delega Data Protection.
Economista, è professore incaricato di “Economia Aziendale e Processi di amministrazione del lavoro” presso l’Università Europea di Roma, dal 2014 insegna la materia di “Protezione dei dati personali” 
presso Master Universitari e Corsi specialistici.

 

 

Cookie: cosa sono, a cosa servono e quando è utile stare attenti

di Giuliana Cristiano

Il garante per la protezione dei dati personali definisce i cookie come “stringhe di testo che i siti web visitati dagli utenti (cd. Publisher, o “prime parti”) ovvero siti o web server diversi (cd. “terze parti”) posizionano ed archiviano all’interno del dispositivo terminale dell’utente medesimo, perché siano poi ritrasmessi agli stessi siti alla visita successiva[1], in altre parole i cookie sono uno strumento molto utile perché hanno come scopo principale quello di migliorare la navigazione dell’utente[2] e di aiutare le aziende, in particolare quelle operanti nel settore commerciale, a studiare le caratteristiche di quanti cliccano sulle pagine web di interesse, in modo da potergli mostrare ciò che più si avvicina alle loro preferenze e al loro stile di vita.

In questi termini però il concetto di cookie potrebbe apparire banale, ma non lo è affatto, dunque bisogna fare una precisazione: per il caso appena esposto, di solito si parla di “cookie di profilazione” che servano quindi principalmente a fini pubblicitari. Sostanzialmente la loro funzione è evidente quando, dopo aver cercato su Googlevoli per l’India”, per le ore successive ovunque (sui social, su altri siti, ecc…) iniziano a comparire spot di compagnie aeree, talvolta mai sentite prima, che mostrano il prezzo più vantaggioso per la tratta Napoli – Bombay.

A questi si aggiungono i “cookie analitici” che invece vengono utilizzati principalmente a scopo di analisi statistica per comprendere ad esempio quante volte una persona in particolare ha usufruito di un servizio, oppure che tipo di persona di solito consulta un determinato tipo di informazioni.

I cookie inoltre possono essere utili per l’esecuzione di autenticazioni informatiche, per la memorizzazione di informazioni su specifiche configurazioni riguardanti gli utenti che accedono al server, per memorizzazione delle preferenze, o per agevolare la fruizione dei contenuti on line, ad esempio, per ricordare le informazioni per la compilazione di un modulo online, il numero della carta di credito, l’indirizzo di casa a cui inviare una spedizione e così via, per tutti questi è fondamentale che il sito richieda l’autorizzazione al trattamento dei dati tramite un’apposita sezione. Tale richiesta invece non è necessaria per i cosiddetti “cookie tecnici” che hanno lo scopo di permettere all’utente di usufruire di un particolare servizio espressamente richiesto senza utilizzare i dati raccolti per secondi fini, tant’è vero che, non di rado, sono già istallati dal web creator.

I cookie tecnici, a differenza di quelli descritti precedentemente, non soltanto semplificano alcune procedure, ma le rendono anche più sicure: un esempio di utilizzo sono le operazioni sul proprio conto bancario online (il pagamento di abbonamenti o bollette, l’invio di bonifici o anche semplicemente la visualizzazione dei movimenti di denaro in entrata e in uscita), in questo caso i cookie servono soprattutto per l’identificazione dell’utente e quindi per evitare truffe e attività illecite[3].

Sin qui sembra che tutto sommato la natura del cookie non sia così malvagia, e infatti non lo è, anzi, può essere davvero un’agevolazione nella navigazione quotidiana, ma non bisogna essere superficiali. Accettare indistintamente tutti i cookie (sfido chiunque ad ammettere di non averlo fatto almeno una volta) potrebbe agevolare gli hacker ad intercettare e rubare dati sensibili con ripercussioni significative sull’utente. Quante volte è capitato per esempio di ritrovarsi iscritti a siti a cui non avete mai fatto la registrazione consapevolmente? Quante volte invece vi siete trovati sommersi da mail spam con oggetto al quanto poco credibile del tipo: “Sei il milionesimo utente oggi, ti regaliamo 3000 euro, clicca qui”? Appurato che difficilmente qualcuno regali soldi per il puro piacere di farlo, e intimato di non cliccare mai “qui” con questo presupposti,  gli unici responsabili di queste mail o iscrizioni siamo noi utenti finali.

Per concludere, tenuto conto che spesso non accettare i cookie limita notevolmente la navigazione sul sito di interesse, la soluzione è quella di fare una pulizia periodica della cache attraverso le impostazioni del browser (Chrome, Firefox, Edge ecc…) e istallare un antivirus che prevenga, o quantomeno argini, il rischio di violazione dei dati personali.


[1] https://www.garanteprivacy.it/faq/cookie

[2] https://www.pandasecurity.com/it/mediacenter/mobile-news/cookie-pericolosi/

[3] https://www.garanteprivacy.it/faq/cookie

Per contenuti come questo e su tanti altri temi, Iscriviti alla nostra Newsletter!! 

Giuliana Cristiano 

Tirocinante psicologa presso Selefor srl 

Il processo di digitalizzazione in Italia, partire dalla formazione per un mercato del lavoro sempre più aperto al digital.

A cura di Redazione Crefis 

Nel 2014 la Commissione Europea ha introdotto l’indice DESI (Digital Economy and Society Index), lo scopo di quest’indice è quello di far convergere nel lungo periodo i mercati nazionali in un unico mercato digitale per valutare e misurare il processo di digitalizzazione sia in ambito economico che della società più in generale.

I dati di quest’anno per l’Italia non sono molto incoraggianti; infatti, per i 4 indicatori utilizzati (capitale umano; connettività; integrazione delle tecnologie digitali e servizi pubblici digitali), l’Italia si è posizionata agli ultimi posti.
Andando ad esaminare gli indici nel dettaglio emerge che: per il “capitale umano” (le competenze digitali della popolazione), siamo terzultimi in Europa, la quota di imprese che ha offerto formazione in ambito ICT ai propri dipendenti si ferma al 16%, contro una media europea del 20%; siamo ultimi nel continente per quota di laureati in ambito ICT sul totale della popolazione con una laurea.
Per quanto riguarda la “connettività” (cioè lo sviluppo della banda larga e la sua accessibilità) invece l’Italia si posiziona all’ultimo posto anche se bisogna considerare che questo dato è viziato dal forte divario tra famiglie che usano la banda larga, talvolta anche migliore di altri paesi, e famiglie in cui non la stessa non è adottata.
Rispetto all’”integrazione delle tecnologie digitali“, cioè quanto il digitale sia ormai permeato nelle imprese italiane, ci posizioniamo decisamente meglio, al decimo posto.
In ultimo per i “servizi pubblici digitali” emergono due situazioni diverse poiché, nonostante i servizi pubblici mettano a disposizione dell’utenza le proprie piattaforme digitali, solo una piccola parte dei cittadini usufruisce dei servizi online della Pubblica Amministrazione[1].

Il quadro è quindi ben chiaro, il Bel Paese dovrebbe investire molto di più sul processo di digitalizzazione.

Come farlo? Cambiando l’approccio già a partire dalla formazione dei giovani.

Dal report di Almalaurea del 2022, infatti, nonostante vi sia stato un sensibile aumento delle iscrizioni ai corsi STEM (+14% rispetto all’A.A. 2003/2004) e in ambito ICT, il numero di immatricolazioni è ancora basso, il tutto è inoltre associato al fatto che la laurea, in particolare in quest’ambito, sul mercato del lavoro è ancora poco valorizzata, è necessario apportare un cambiamento radicale nella cultura della società[2].

Selefor, che da diversi anni si occupa prevalentemente del settore ICT, ha chiesto alla responsabile del settore HR , dottoressa Raffaella Nolasco, un suo pensiero rispetto alle possibilità di assunzione di profili professionali in ambito digital

La Nolasco è fiduciosa, tiene a precisare che seppur vi siano ancora poche candidature, le posizioni aperte per figure professionali nel settore iniziano ad aumentare. Ciò significa che forse, anche grazie ai recenti stravolgimenti della quotidianità causati della pandemia, sia le aziende che i comuni cittadini che usufruiscono dei servizi online hanno preso consapevolezza di quanto la figura del programmatore (o in generale di tecnico informatico) sia essenziale anche per le attività più semplici (basti pensare all’assistenza informatica help desk) aumentando quindi il numero di richieste in questo ambito.
D’altronde la figura dello sviluppatore, in Italia, è ancora relativamente recente e soprattutto in continua evoluzione.

I candidati non occupati spesso o sono giovani, ancora in fase di formazione e quindi meno esperti di quanto l’azienda committente vorrebbe, oppure sono persone con un consisterete background esperienziale alle spalle e dunque una RAL molto più alta di quanto le aziende possono permettersi per competere.

Ma le potenzialità ci sono e sono molte, bisognerà solo investirci! 


[1] https://blog.osservatori.net/it_it/desi-indice-digitalizzazione-italia#:~:text=Il%20Digital%20Economy%20and%20Society%20Index%20(DESI)%20%C3%A8%20un%20indice,verso%20un%20unico%20mercato%20digitale.

[2] https://www.almalaurea.it/informa/news/2022/06/15/rapporto-almalaurea-2022

 

Per contenuti come questo e su tanti altri temi, Iscriviti alla nostra Newsletter!!