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RIFLESSIONI SULLA NATURA DI ESSENTIAL FACILITIES DEI DATI PERSONALI

A cura di Giovanni Crea

L’esperienza dell’offerta di servizi attraverso internet (comprese le app) ha messo in luce come il loro consumo venga inevitabilmente codificato in dati (es., google maps) e come tali dati siano oggetto di trattamenti effettuati per finalità sia ‘tecniche’ – legate, cioè, alla fornitura e fruizione del servizio – sia di interesse economico del titolare del trattamento.

Con riguardo a quest’ultimo profilo, la disponibilità di grandi masse di dati (big data) rende possibile costruire profili degli utenti-interessati su cui ritagliare i propri servizi ovvero – spostandoci sul versante della raccolta pubblicitaria – per vendere spazi pubblicitari agli inserzionisti consentendo a questi di proporre a livello individuale i loro prodotti e servizi.

I mercati dei servizi internet, dunque, sono data intensive, e le posizioni dominanti che in essi si formano trovano nei dati personali una lèva essenziale [1] la cui replicabilità non è scontata in quanto riguardano i clienti dei provider e che gli stessi provider tendono a non diffondere per ragioni di vantaggio competitivo [2].

Questa prospettiva apre all’ipotesi della natura di essential facilities dei dati personali raccolti nei mercati di internet; profilo che, secondo la dottrina antitrust, è un elemento qualificante della posizione dominante, e la cui inibizione a potenziali concorrenti, da parte dei titolari, prefigura un abuso di tale posizione vietato dall’art. 102 TFUE.

Nel caso Google-Hoda [3], in cui ricorre l’ipotesi di ostacoli, da parte del motore di ricerca, alla portabilità dei dati – e dunque, in definitiva, all’accesso/trasferimento a favore di Hoda – l’Agcm sottolinea la valenza pro-concorrenziale di tale istituto, lasciando intendere come tali dati possano essere inquadrati nella categoria delle “risorse essenziali”.

Se i dati personali, descrittivi delle abitudini di consumo di beni e servizi forniti da un’impresa, fossero facilmente replicabili, la violazione dell’art. 20 del GDPR rileverebbe per il solo profilo di mancato esercizio di un diritto degli interessati e non anche per gli aspetti antitrust.

 


[1] Cfr. Agcm, Provvedimento n. 28051, Big Data, in Boll., n. 9/2020, 13 ss.

[2] Cfr. Agcm, Provvedimento n. 19140, Sfruttamento di informazioni commerciali privilegiate, in Boll., n. 47/2008, 5 ss.

[3] Cfr. Agcm, Provvedimento n. 30215, Google-ostacoli alla portabilità dei dati, in Boll., n. 27/2022, 83 ss.

 

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Giovanni Crea

Direttore del Centro di Ricerca e Formazione Integrata Selefor, responsabile scientifico e Presidente del Comitato Tecnico-Scientifico con delega Data Protection.
Economista, è professore incaricato di “Economia Aziendale e Processi di amministrazione del lavoro” presso l’Università Europea di Roma, dal 2014 insegna la materia di “Protezione dei dati personali” 
presso Master Universitari e Corsi specialistici.