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Trasformazione digitale del settore energetico

A cura di Giovanni Crea

La transizione energetica è quel processo che realizza il passaggio da un sistema energetico centrato sui combustibili fossili a uno basato sulle fonti rinnovabili caratterizzate da basse - se non nulle - emissioni di carbonio (c.d. decarbonizzazione). In altre parole, si rimpiazza l’elettricità prodotta da fonti fossili con quella generata da impianti di ultima generazione, ad altissima efficienza (ad esempio, i sistemi eolici).

Ai fini di questo processo la trasformazione digitale del settore energetico[1] offre gli strumenti essenziali, tenuto conto che l’integrazione di tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) nelle reti energetiche favorisce l’efficienza (risparmio di costi), la creazione di prodotti e servizi più aderenti alle “aspettative di utilità” della domanda e consente attività di monitoraggio e intervento preventivo più efficaci. Sotto quest’ultimo aspetto, la digitalizzazione, grazie all’installazione di dispositivi sensoriali sui sistemi energetici, rende possibile la raccolta in tempo reale di dati riguardanti il loro funzionamento (segnali provenienti da una turbina, da una diga o da una conduttura) e l’invio a un centro di raccolta ove tali dati vengono analizzati a fini di “manutenzione preventiva”[2]. La trasformazione digitale, dunque, ha anche implicazioni sulle attività di manutenzione sotto il profilo della produzione di dati tecnici e della loro valorizzazione.

  • Si pensi, ad esempio, alla rilevazione di un dato di malfunzionamento che permette di intervenire in anticipo, prima che si verifichi un danno; tale attività, di natura predittiva (predictive maintenance)[3], è un particolare tipo di manutenzione preventiva che si esplica mediante il monitoraggio costante - grazie all’applicazione di soluzioni di tipo internet of things - delle condizioni e dello stato degli asset.

La prospettiva di questi e altri vantaggi della trasformazione digitale dei sistemi energetici ha indotto la Commissione europea a sviluppare un piano di azione in tale direzione che prevede misure (investimenti) finalizzate a integrare nell’infrastruttura energetica dell’UE tecnologie digitali, quali l’intelligenza artificiale, le comunicazioni di “quinta generazione” (5G), la connessione tra contatori di consumi energetici e centri di calcolo. Queste nuove tecnologie offrono la possibilità di migliorare l’efficienza e gestire la complessità del sistema energetico lungo tutte le fasi della filiera di approvvigionamento, dalla pianificazione, gestione e manutenzione delle infrastrutture, alla generazione e alla trasmissione fino al consumo di energia.

Al riguardo, l’autorità di Bruxelles ha osservato come, malgrado la digitalizzazione  delle reti energetiche nell’ultimo decennio, la decarbonizzazione richieda un aumento significativo di tale trasformazione e, per questo, appoggerà tutte le iniziative private finalizzate a sfruttare al meglio il potenziale della trasformazione digitale per sostenere la transizione energetica e, con essa, quella ecologica.

Lo scenario prospettico al 2030 delinea pertanto una crescita degli investimenti in particolare quelli strumentali alle energie rinnovabili attraverso i fondi Next Generation EU. Questa crescita sarà guidata anche dal consolidamento di nuovi modelli di collaborazione tra aziende e start up, molto attraenti per entrambe le parti anche in ragione delle implicazioni di riduzione del rischio.

 


[1] Cfr. M. TRESCA, La trasformazione digitale del settore energetico : strumenti di regolazione e nuovi attori, in Diritto costituzionale, n. 2, 2002, 199-2016.

[2] Secondo la norma UNI EN 13306 la manutenzione preventiva è basata sul monitoraggio delle prestazioni di un’entità e/o dei parametri significativi per il suo funzionamento

[3] Cfr. norma UNI EN 13306.

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Giovanni Crea

Direttore del Centro di Ricerca e Formazione Integrata Selefor, responsabile scientifico e Presidente del Comitato Tecnico-Scientifico con delega Data Protection.
Economista, è professore incaricato di “Economia Aziendale e Processi di amministrazione del lavoro” presso l’Università Europea di Roma, dal 2014 insegna la materia di “Protezione dei dati personali” 
presso Master Universitari e Corsi specialistici.

 

 

Il processo di digitalizzazione in Italia, partire dalla formazione per un mercato del lavoro sempre più aperto al digital.

A cura di Redazione Crefis 

Nel 2014 la Commissione Europea ha introdotto l’indice DESI (Digital Economy and Society Index), lo scopo di quest’indice è quello di far convergere nel lungo periodo i mercati nazionali in un unico mercato digitale per valutare e misurare il processo di digitalizzazione sia in ambito economico che della società più in generale.

I dati di quest’anno per l’Italia non sono molto incoraggianti; infatti, per i 4 indicatori utilizzati (capitale umano; connettività; integrazione delle tecnologie digitali e servizi pubblici digitali), l’Italia si è posizionata agli ultimi posti.
Andando ad esaminare gli indici nel dettaglio emerge che: per il “capitale umano” (le competenze digitali della popolazione), siamo terzultimi in Europa, la quota di imprese che ha offerto formazione in ambito ICT ai propri dipendenti si ferma al 16%, contro una media europea del 20%; siamo ultimi nel continente per quota di laureati in ambito ICT sul totale della popolazione con una laurea.
Per quanto riguarda la “connettività” (cioè lo sviluppo della banda larga e la sua accessibilità) invece l’Italia si posiziona all’ultimo posto anche se bisogna considerare che questo dato è viziato dal forte divario tra famiglie che usano la banda larga, talvolta anche migliore di altri paesi, e famiglie in cui non la stessa non è adottata.
Rispetto all’”integrazione delle tecnologie digitali“, cioè quanto il digitale sia ormai permeato nelle imprese italiane, ci posizioniamo decisamente meglio, al decimo posto.
In ultimo per i “servizi pubblici digitali” emergono due situazioni diverse poiché, nonostante i servizi pubblici mettano a disposizione dell’utenza le proprie piattaforme digitali, solo una piccola parte dei cittadini usufruisce dei servizi online della Pubblica Amministrazione[1].

Il quadro è quindi ben chiaro, il Bel Paese dovrebbe investire molto di più sul processo di digitalizzazione.

Come farlo? Cambiando l’approccio già a partire dalla formazione dei giovani.

Dal report di Almalaurea del 2022, infatti, nonostante vi sia stato un sensibile aumento delle iscrizioni ai corsi STEM (+14% rispetto all’A.A. 2003/2004) e in ambito ICT, il numero di immatricolazioni è ancora basso, il tutto è inoltre associato al fatto che la laurea, in particolare in quest’ambito, sul mercato del lavoro è ancora poco valorizzata, è necessario apportare un cambiamento radicale nella cultura della società[2].

Selefor, che da diversi anni si occupa prevalentemente del settore ICT, ha chiesto alla responsabile del settore HR , dottoressa Raffaella Nolasco, un suo pensiero rispetto alle possibilità di assunzione di profili professionali in ambito digital

La Nolasco è fiduciosa, tiene a precisare che seppur vi siano ancora poche candidature, le posizioni aperte per figure professionali nel settore iniziano ad aumentare. Ciò significa che forse, anche grazie ai recenti stravolgimenti della quotidianità causati della pandemia, sia le aziende che i comuni cittadini che usufruiscono dei servizi online hanno preso consapevolezza di quanto la figura del programmatore (o in generale di tecnico informatico) sia essenziale anche per le attività più semplici (basti pensare all’assistenza informatica help desk) aumentando quindi il numero di richieste in questo ambito.
D’altronde la figura dello sviluppatore, in Italia, è ancora relativamente recente e soprattutto in continua evoluzione.

I candidati non occupati spesso o sono giovani, ancora in fase di formazione e quindi meno esperti di quanto l’azienda committente vorrebbe, oppure sono persone con un consisterete background esperienziale alle spalle e dunque una RAL molto più alta di quanto le aziende possono permettersi per competere.

Ma le potenzialità ci sono e sono molte, bisognerà solo investirci! 


[1] https://blog.osservatori.net/it_it/desi-indice-digitalizzazione-italia#:~:text=Il%20Digital%20Economy%20and%20Society%20Index%20(DESI)%20%C3%A8%20un%20indice,verso%20un%20unico%20mercato%20digitale.

[2] https://www.almalaurea.it/informa/news/2022/06/15/rapporto-almalaurea-2022

 

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